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Costi e danni della pubblicità

22/02/2004 35835 lettori
4 minuti

Costi e danni della pubblicità (l’altra campana).

 

               Ogni giorno dobbiamo mangiare, lavarci, vestirci, muoverci, lavorare, studiare, divertirci. Tutti questi bisogni devono essere soddisfatti, usando prodotti e servizi. Non è, dunque, la pubblicità che fa andare il mercato, ma i bisogni sociali, che continuano ad esistere indipendentemente da essa.

               La pubblicità non migliora affatto un prodotto; lo rende solo più costoso. Ma il danno maggiore, la pubblicità lo fa sollecitando il cosiddetto “consumismo”.

               Migliaia di persone specializzate in comunicazione, psicologi, sociologi, studiosi del mercato, artisti, ecc. cercano i mezzi più efficaci per indurre la psiche umana all’acquisto, creando desideri e falsi bisogni. Gli stipendi di questi specialisti gravano sul prezzo finale dei prodotti.

              

I costi salgono ulteriormente con l’installazione e la manutenzione dei cartelloni pubblicitari, a volte giganteschi. I manifesti sui muri imbruttiscono le città e le campagne attraversate da strade. E’ dimostrato che la presenza dei cartelloni pubblicitari, ai lati delle strade, fa aumentare il numero degli incedenti stradali. 

            La pubblicità perseguita il cittadino ovunque egli vada; sia con messaggi visivi, sia sonori. Migliaia di oggetti con i quali veniamo a contatto sono marchiati dalla pubblicità: matite, accendini, cravatte, portachiavi, posacenere, apribottiglie, scatole di fiammiferi, carte telefoniche, portamonete, berretti, magliette, orologi, ecc.

              

Per alcuni prodotti alla moda, l’alto costo non è giustificato dal valore intrinseco del prodotto, ma solo dal marchio, che, in se, non vale nulla, è solo convenzione. Per conseguire un lucro ingiustificato, si sfrutta il desiderio di “apparire”, di emergere sopra gli altri. Chi ha un modesto salario, dà fondo ai risparmi, per non esser da meno; non di rado coprendosi di debiti. Sotto quest’aspetto la pubblicità procura dei veri e propri danni alla società, favorendo comportamenti deteriori, moralmente inaccettabili.

               Ci sono tecniche pubblicitarie che spingono i consumatori ad alimentarsi in eccesso, facendo salire i costi per la salute. A volte, sugli alimenti, vengono date informazioni scorrette che favoriscono gli errori alimentari, sia nella scelta che nella quantità. Qui siamo all’opposto del fine che si dovrebbe proporre una pubblicità corretta: informare.

              

Cosa dire, poi, di quegli spot che invitano, in modo più o meno occulto, a comportamenti rischiosi, come per le automobili, ad esempio, o di quegli spot che rendono simpatiche personalità mafiose?

               La pubblicità contribuisce in modo rilevante a modificare i comportamenti sociali (omologazione), quasi mai per il meglio. In passato è stata sottovalutata questa influenza, sulla quale occorre porre la massima attenzione. La pubblicità falsa o deviante è assai pericolosa, proprio perché ripetitiva, martellante, potendosi configurare come un inconsapevole, per l’utente, lavaggio del cervello.    

              

Migliaia di emittenti televisive e radiofoniche vivono di pubblicità. Le vendite per televisione sono un vero flagello per i consumatori, che si vedono arrivare prodotti che non avevano ordinato o di qualità inferiore. Molti utenti rimangono vittime di contratti capestro, estorti con stratagemmi. Larghi spazi sono concessi a maghi, veggenti, cartomanti, operatori dell’occulto in genere, pranoterapeuti, venditori di numeri al lotto o di schedine del totocalcio, centri per il dimagrimento ecc. Tutti questi venditori, spesso, sfruttano la credulità o l’ignoranza dei più deboli o di persone afflitte da disturbi psicologici, che richiederebbero ben altre cure. In molti casi si sono consumate vere e proprie truffe, con plagio, inducendo alcuni telespettatori a dilapidare interi patrimoni.

               Il telespettatore è bombardato da spot, che interrompono i programmi, ripetendo, fino all’esasperazione, gli stessi motivetti, musichette, slogan. Oltre al fastidio psicologico, che si trasforma in malessere, l’utente sopporta tutti i costi per mantenere in vita migliaia di emittenti che producono, di fatto, il nulla.

              

Con l’avvento del Web, la pubblicità è esplosa. Milioni di siti vivono solo di pubblicità, anche qui l’utente è bombardato da banner, e da pop-up. Nel suo computer, nel migliore dei casi, vengono infilati cookie, per controllare la sua navigazione nel Web. Miliardi di messaggi pubblicitari invadono ogni giorno le caselle postali, costringendo gli utenti a perdere molto tempo per selezionare i messaggi utili da quelli inutili. Lo spam è diventato il vero flagello del Web; ogni giorno produce costi per milioni di euro.

               La situazione del mercato pubblicitario è tale che, ad ogni ingresso di nuovi espositori, non corrisponde certo un aumento delle vendite, poiché i consumi sono sempre gli stessi ed i clienti non fanno che spostarsi da un produttore all’altro, naturalmente pagando i costi della pubblicità di tutti gli espositori.

              

Ci si trova, in pratica, come allo stadio: se c’è qualcuno che si alza per vedere meglio, tutti sono costretti ad alzarsi; il risultato finale è che nessuno vedrà meglio, ma tutti staranno più scomodi. Una situazione simile si ritrova in certi mercati rionali: un fruttivendolo strilla per magnificare le sue verdure e sollecita i clienti ad avvicinarsi al banco. Gli altri, per non esser da meno, urlano ed invitano a loro volta. Conclusione: la merce venduta è sempre la stessa ma fra il baccano generale e con i clienti seccati di dover respingere gli inviti.

               Ci sono venditori ambulanti che, con un sistema d’amplificazione montato sul loro camioncino, irrompono nelle vie cittadine, con il messaggio registrato ad alto volume, per vendere i prodotti più diversi: dai generi alimentari ai casalinghi.

              

Ci sono i venditori porta a porta che arrivano a violare la nostra abitazione e quelli che infilano nella nostra cassetta postale spazzatura pubblicitaria, non lasciando spazio per le lettere che c’interessano. Si stanno poi intensificando le vendite via telefono: si va a rispondere, ma, all’altro capo del filo, non c’è la persona che c’interessa, ma un venditore, a volte si ascolta un messaggio pre-registrato.

               Questi sono tutti attentati alla nostra quiete ed al nostro benessere. Spesso siamo sollecitati ad acquisti che si dimostrano, puntualmente, delle vere e proprie bufale. Tutte le persone impegnate in queste campagne, vanno a gravare sui costi di prodotti che, in ogni caso, possiamo trovare nei negozi del nostro quartiere.

               La pubblicità è ben lungi dal dare informazione, essa, infatti, è studiata per vendere, non per aiutare il cliente a scegliere ciò che più gli conviene e, soprattutto, ciò che gli serve realmente. La pubblicità si rivolge all’inconscio, ai sentimenti, non alla ragione; è, per sua natura, ingannevole.

              

Trasmissioni televisive come “Mi manda Lubrano” e “Mi manda Rai Tre” da anni ci mostrano un campionario interminabile di truffe, conseguenti alla cattiva informazione contenuta in messaggi pubblicitari o in depliant, scritti in modo da trarre in inganno.

                Un angolo della trasmissione è dedicato al confronto fra prodotti normalmente venduti nei supermercati. Si è potuto più volte riscontrare come, a prodotti fortemente pubblicizzati, e perciò più costosi, non corrisponda una migliore qualità. Succede spesso il contrario; da qui il successo dei discount, nei quali non si vendono prodotti di marca ma altri poco conosciuti, economici perché non afflitti dal “pizzo” per la pubblicità.

               Concludendo, la pubblicità non risponde ai bisogni sociali ma alle esigenze del mercato, per vendere sempre di più. La crescita del fatturato è un'esigenza inderogabile del sistema capitalistico, il quale, senza retribuzione per il capitale investito, rischia il crollo.

               I limiti del sistema stanno nel fatto che una crescita che non ha fine è un assurdo, in un sistema chiuso come il pianeta terra, che ha risorse limitate e ben definite. La crescita della popolazione, aumentando i consumi, è congeniale al capitalismo, ma ciò non fa che avvicinare, sempre più rapidamente, l’esaurimento delle risorse, oltre ad aumentare i costi per lo smaltimento dei rifiuti e per il depauperamento dell’ambiente.

               E’ per questo motivo che la pubblicità, così come oggi concepita, non ha futuro. Bisognerà puntare ad un’informazione corretta, che permetta al consumatore di orientarsi per scegliere il prodotto che gli serve realmente. Ma, soprattutto, occorre una riduzione dei consumi, privilegiando quelli progettati per durare a lungo: ad es. un’automobile o un elettrodomestico che funzionino per decenni, sostituendo solo le parti usurate o invecchiate tecnologicamente. Messa al bando, quindi, degli “usa e getta” per ritornare al prodotto di qualità, affidabile, di lunga durata.

Giovanni Falcioni
Giovanni Falcioni


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